L'ORIGINE DELLE ONDE

III.VIII

La sirena che liberò i Capodogli, by Lorenzo Ragno Celli 

Le creature del mare, a udire gli orrori narrati da Thelgo, s'agitarono inquiete, mentre la temibile Idra di Lerna lasciava quell'angolo d'oceano per riprendere il suo centenario riposo. Aglae allora riemerse per placare gli animi con una storia leggera e seducente, ma l'oscura sorella glielo impedì, sancendo nel sussurro imposto dalla regola dello scoglio delle sirene una giornata di mostri ancestrali...




Sul fondo della più buia delle nere fosse, un incubo tortuoso di scogli appuntiti e banchi d'alghe limacciosi, dove l'odore del mare diviene miasma metifico. Qui, imprigionato da catene inossidabili forgiate d'una lega d'oro e sangue di demoni, s'agita rabbioso il Quinotauro, antico servo di Nettuno, tritone di forma bestiale, il cranio coronato da cinque sporgenze chitinose, il muso affilato e cosparso di zanne seghettate, la pelle striata di pece, gli occhi crudeli di rettile.
Creatura indomita, d'indole malvagia ma fedele al Signore del mare, svolse per secoli il suo compito di guardia dei giganteschi capodogli imprigionati al centro degli oceani per vigilare affinché non s'interrompesse l'origine del moto meraviglioso e pacifico delle onde, nonostante non esitasse a punzecchiarne il ventre per scatenare tempeste e, di quando in quando, favorire le fughe di pirati e mascalzoni. Lenti trascorrevano i giorni, mentre migliaia di balene, soggiogate da una ragnatela magica a maglie di corallo smeraldo, cantavano la trista prigionia, bestemmiando quel dio che le aveva create per costringerle a un'eternità di sforzo senz'altro fine d'un moto estetico di superficie. E i loro lamenti straziavano il cuore del popolo degli oceani.
In una mattina d'ozio accadde che una sirena s'avventurasse tra le prigioniere per seviziare  il Quinotauro con licenziosi sussurri. Inquietato da passionali bollori il carceriere violò il divieto di Nettuno e abbandonò la sorveglianza degli immensi cetacei alla ricerca di soddisfazione. I giganti dei mari, liberi dalla guardia, fecero presto a disfarsi dei ceppi, con l'aiuto della coraggiosa amica metà donna e metà delfino, privando il deserto azzurro del loro movimento.
Il servo di Poseidone, d'altro canto, emerso con furia nel Mediterraneo, aggredì la prima femmina umana che poté ghermire, caso volle la sposa del re franco Clodione, mentre ella stava facendo il bagno con le sue ancelle. La donna, dapprima oppressa dal terrore, cedette al piacere inaspettato e primordiale, scoprendo delizie a lei ignote.
Il Quinotauro, ahilui, non poté godere che per un istante dell'orgasmo, poiché il tridente di Poseidone gli trafisse la coda per riportarlo negli abissi e assegnargli il giusto castigo. Ma la giovane regina recava ormai in sé il frutto di quel rapporto animalesco e pochi mesi dopo, in una notte fredda e maledetta di marzo, concepì Meroveo, oscuro paladino il cui braccio rabbioso ricacciò gli unni dalla Francia e dal quale discese la stirpe bastarda dei merovingi, re taumaturghi non per intercessione dell'Altissimo, ma per il sangue demoniaco che scorrendo nelle loro vene nemmeno la conversione riuscì a mondare dal peccato.
E ancor oggi, all'anniversario dello stupro, il Quinotauro attende gli eredi del suo lignaggio, che per ordine del sovrano degli oceani, subiscono ancor oggi le colpe del padre recandogli in dono in una bolla d'aria dodici vergini di cui il mostro cornuto consuma il corpo in rovinosi amplessi di trenta giorni ininterrotti, al cui termine fa banchetto delle spoglie della disgraziata. E avanti un'altra, fino all'esaurimento del tributo e in attesa del successivo. E dal tragico moto disordinato si generan pel globo tempeste e cavalloni, vittime e tragedie. Solo durante le pause del riposo estatico e dei turpi pasti, ritorna l'agitarsi dell'acque lento e sinuoso, ricordo delle balene.

[Grazie a Sabrina]

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