AYUMI, IL PROFESSOR JONES E IL MOSTRO DEGLI ABISSI

III.IV

Ayumi Princess by Francesco Codolo

Il rombo degli scooter d'acqua lanciati sulla lastra azzurra dell'Oceano interruppe l'atmosfera creata dall'ultima storia di Aglae. Il pubblico di creature marine raccolto attorno allo scoglio di diamante per ascoltare il Decamerone delle ultime sirene si distrasse per osservare la fuga di una splendida giovane seminuda dai capelli corvini, che alcuni delfini riconobbero essere la principessa Ayumi, inseguita da tre nazisurfisti ninja armati di katane. Seirio diede ordine a due capodogli di prestarle soccorso, poi prese posto sulla roccia preziosa e principiò a raccontare...



Mururoa, 2 luglio 1966
Tre ore prima dello sgancio della prima atomica

Ayumi non era mai stata un'acuta osservatrice, ma quel mattino la brezza del Pacifico spingeva sull'atollo un'afa d'inquietudine. Le acque, sempre limpide sul velo di sabbia pallida, si aggrappavano torbide e limacciose ai tronchi di pandano sui cui poggiava la sua capanna.
Non aveva ancora nemmeno assaggiato la sua colazione di Po'e, il delizioso semifreddo di frutti dell'albero del pane imbevuto di cremoso latte di cocco, né aveva approfittato dei due bronzi arrapati che le erano stati assegnati come servitù al suo arrivo.
Po'ia e Raunui, gli splendidi gemelli polinesiani dai capelli intrecciati e i muscoli dai riflessi d'olio, avevano insegnato alla principessa orientale alcune sensuali varianti dell'arte più vecchia del mondo durante la prima settimana di soggiorno, ma adesso il loro sguardo vacuo e uno strano eritema squamoso diffuso sulla pelle del collo innervosivano la giovane.
Li congedò con un gesto stizzito, mentre apriva lo sportello blu cobalto del frigorifero in piombo per estrarre una coca-cola. Da quando il padre era morto ed era iniziato il suo esilio la bevanda yankee aveva su di lei un effetto confortante. Svuotò la piccola bottiglia di vetro in un paio di sorsi, macchiando di liquido ambrato la maglietta che le copriva a malapena le grazie e si affacciò verso l'Oceano, inspirando l'aria salmastra.
«Come mi piace l'odore del mare!» esclamò soddisfatta, arricciando il naso a punta, per poi esibirsi in un sonoro rutto. Eppure un senso elettrico di presagio maligno continuava ad aleggiare.
Ayumi decise di scendere la scaletta di legno per passeggiare nell'acqua, nonostante il colorito fangoso. Le gambe sprofondarono sino alle ginocchia e un banco d'alghe le lambì viscido le caviglie. La ragazza legò i capelli corvini in una rapida treccia e cercò il conforto del contatto con il suo elemento, allontanandosi dall'abitazione in direzione di un punto più azzurro dove tuffarsi. D'improvviso un muro di gelo la inchiodò, mentre il cielo si offuscava di cumuli cinerei. Il vento mordeva la sua nudità, coperta soltanto dallo strato sottile di cotone della t-shirt e degli slip. L'ambiente mutò repentino, le parve il mare d'inverno.
«È come un film in bianco e nero.» pensò, perdendo la percezione del colore e per l'inquietudine quasi non si accorse della creatura lanciata verso di lei. Lo sferzare rapido, quasi meccanico, delle zampe chitinose nella melma veniva superato solo dal digrignare feroce delle zanne.
Davanti agli occhi a mandorla della femmina infreddolita la bestia percorreva ormai gli ultimi metri con le fauci pronte ad accogliere il suo corpo. Era uno squalo, di proporzioni mastodontiche, la pelle grigia strappata laddove sei estremità da aragosta s'incassavano nello stomaco, permettendogli di correre.
Fu un attimo.
Il mostro serrò l'orrida e famelica caverna zannuta nell'istante esatto in cui tre colpi di revolver gli spappolarono l'occhio sinistro, mentre l'estremità di una frusta avvinghiava la vita di Ayumi per trarla in salvo dalla traiettoria della morte. La maglietta della principessa rimase comunque preda del morso letale, lasciandola in mutande.
La ragazza spostò lo sguardo sulla bestia agonizzante, poi di nuovo su quell'uomo dalla mascella prominente adombrata da una barba incolta, lo sguardo presuntuoso e un'orrida camicia color cachi.
«Si può sapere chi è lei? Un domatore di leoni?»
Il singolare individuo abbassò il cappello, un vecchio borsalino marrone, sugli occhi e la liberò dall'intreccio del lungo staffile. «Sono il professor Jones, signorina, seguendo i miei consigli camperà più a lungo.»
Ayumi, a quelle parole, non riuscì a impedire ai suoi ormoni di bagnarle le mutandine.
D'improvviso furono sorpresi da un urlo: "IÄ IÄ IÄ! CTHULHU FATANG!" E alle spalle del dottor Jones i due intrattenitori polinesiani emersero dal fango per afferrarlo con le loro estremità palmate. I compagni di giochi della donna si erano trasformati in creature dalla pelle traslucida, cascante, tra le cui pieghe emergevano chiazze a scaglie, le dita avevano preso la forma di artigli, mentre il viso era trasfigurato in una forma ferina, con le guance strappate, l'occhio dalla pupilla rossa, esplosa. Iniziò una lotta disperata, in cui i due aggressori tentavano di affogare la preda, piegandone le ginocchia e il petto in una morsa micidiale, mentre questi, con la forza del terrore, tentava invano di divincolare un braccio. Vi riuscì al costo di uno squarcio profondo fino all'osso nel bicipite e con gesto fulmineo lanciò la pistola alla ragazza attonita davanti a lui, prima di sentirsi il cranio schiacciato nella sabbia umida.
Ayumi mirò alla fronte dei suoi due amanti e li vide esplodere come angurie, in una pioggia di polpa rossastra. Quando il professore riemerse, tra gli schizzi di materia cerebrale galleggianti, ebbe giusto il tempo di riprendere il cappello trasportato via dalla corrente, prima di scorgere in lontananza una torma da incubo che fuoriusciva dall'acqua a passi lenti: un gruppo di uomini-pesce avanzava cantando, seguito da cetacei e squali che si muovevano su zampe, polpi giganteschi, meduse fluttuanti e una fauna difficile da identificare, ma altrettanto spaventosa.
«Che cazzo di sortilegio è questo, professore?»
Jones, con la bocca riarsa dalla salsedine, biascicò: «io non credo nella magia, sono soltanto un mucchio di stupide superstizioni. Si tratta di alieni, la popolazione di quest'isola ha risvegliato un Antico. Sono qui per...»
Un aereo dell'aviazione francese sorvolò quell'incubo e dagli abissi schizzò verso l'alto un tentacolo nero, della consistenza della pece, che si sfaldò nella corsa verso il cielo, ma mancò il velivolo per un soffio.
«I militari...» constatò deluso Jones «è il destino dell'archeologo quello di vedere frustrati anni e anni di lavoro e ricerche.»
Ayumi si massaggiò il seno infreddolito: «avrò il tempo di mettermi una felpa prima di dirigerci all'aeroporto?»
L'uomo sorrise mesto: «tesoro, fra meno di dieci minuti qui gli scarafaggi giocheranno a carambola con le nostre ossa radioattive. Stanno per nuclearizzare l'isola. Mi dispiace.»
«Beh, io ho freddo lo stesso» concluse la ragazza facendo spallucce e puntò in direzione della palafitta. Il professore la accompagnò, alternando la vista delle natiche tonde e morbide alla terrificante processione dietro cui una figura simile a un viscido e verde uovo colossale con tenaglie molli e un'orribile testa di calamaro con antenne contorte emergeva dalla spuma.
Ayumi aprì il frigorifero, dopo aver indossato una maglia scura di due taglie più grande: «un brindisi prima che arrivi il dottor Stranamore con il suo carico di trenta megatoni sotto le chiappe?»
L'uomo negò con un cenno delle dita, il copricapo calato sul volto tradiva un'espressione rassegnata.
La ragazza tracannò una birra e iniziò a svuotare il frigorifero. «È abbastanza largo per entrambi» osservò, mentre compiva quell'operazione «bevi qualcosa, fra poco farà un gran caldo.»
Jones fissò la giovane con sconcerto e questa sbuffò con sufficienza, dando due colpi al portello dell'elettrodomestico: «piombo, scherma le radiazioni. Mio padre dopo il vostro attacco atomico ai giapponesi fece costruire una miriade di bunker sotto il nostro palazzo.»
L'uomo ebbe un moto di stizza: «E poi? Aspettiamo trent'anni? Non verrà nessuno a prenderci e il naso ci cadrà sul pavimento non appena lo tireremo fuori.»
La giovane sospirò ancora una volta: «ha presente la fortezza della solitudine, al Polo Nord?» domandò.
«Ovvio» assentì l'interlocutore, quasi offeso per la semplicità dell'interrogativo «è dove Superman si isola per ricaricare le batterie.»
«L'ha battezzata in questo modo per non insospettire quella frigida della fidanzata.» affermò soddisfatta Ayumi, mentre toglieva le ultime bottiglie dal ripiano più basso «ma posso garantire che “l'uomo d'acciaio” non correrà il rischio di rimanere senza una mangiatrice di spade, se capisce cosa intendo.»
Il professore si avvicinò al frigorifero svuotato per valutarne lo spazio interno.
«Staremo stretti.»
«Beh, dottor Jones» il tono malizioso della giovane accompagnò lo sfilarsi degli slip «spero non abbia davvero intenzione di farmi una lezione sugli egiziani per passare il tempo là dentro.»

[Grazie alle madri di AyumiPaola, Elisa e Margherita]


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