MASCHERE DI VERITÀ


I.III

La storia della martire cieca raccontata da Thelgo commosse ogni creatura in ascolto, dai colossali cetacei ai piccoli di tartaruga. Persino il branco di squali tigre, tenuto distante perché bestie avide e violente, si agitava inquieto per il dramma appena descritto. Aglae, a cui spettava il turno di narrare e le cui storie si concedevano spesso dettagli di delizioso erotismo, decise di aprire con una memoria maliconica, dopo che la sorella bruna le ebbe suggerito l'apertura:

 «Da casa mia si vede il mare
Sospirò la sirena, assaggiando le proprie lacrime.
Ulisse accarezzò il bordo della vasca, l'acqua marina asciugandosi aveva lasciato aloni concentrici di sale.
«Casa tua è il mare...»
«Ti senti davvero un eroe?» Lo interruppe lei e il cristallo della sua voce s'infranse in mille piccoli echi sulle pareti della grotta che la imprigionavano, rendendola uno dei tanti tesori segreti del re di Itaca.
L'uomo sorrise, appoggiandosi al marmo accanto alla fanciulla bionda dalla coda di squalo.
«Mi sento semplicemente solo, ma le menzogne mi permettono di accettarlo.»
La creatura si lasciò accarezzare una mano.
«Penelope non crede alle tue storie. Nemmeno tu. Per quanto sia bravo a raccontarle.»
Lui le scavava negli occhi, alla ricerca di ogni riflesso di desiderio. E lei non era più in grado di nasconderglielo. Ma non erano lì per l'amore, non quella notte. Non più ormai.
«Dovevo partire, dopo la guerra... volevo far male solo a me stesso. Non potevo tornare, non ero nemmeno un uomo.» La Sirena rispose al suo sguardo con compassione.
«È solo un'altra storia.» E lo baciò, col cuore gonfio di pena per quel guerriero vittima del proprio fascino a tal punto da essere incapace di ricordare la verità.
Unirono i loro corpi in un impeto senza passione, meccanico come il ricordo. Poi scivolò sul fondo dell'acquario, al riparo tra le alghe d'argento. Senza voltarsi. Ulisse la liberò il mattino seguente. Si videro e si toccarono ancora, ma non seppero più riconoscersi.

[Grazie Natasha]



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