IL COLORE NASCOSTO DEL SANGUE


I.IV

Aglae concluse su note malinconiche il suo primo racconto, della sua infatuazione per Ulisse rimaneva solo il fiele della delusione. Un eroe di parole, circondato da mediocri che ne plaudivano le menzogne, al punto da credervi egli stesso. Al punto da illudersi di essere felice. Al punto da confondere la banalità di un porto sicuro per amore. Al punto di non rendersi conto di aver perso il cuore di una sirena.
Seirio, stanca di udire i suoi sospiri rivolti alle onde del ricordo, le strappò un suggerimento con l'inganno. Questa è la sua storia:


«Di che colore si sente oggi, mia signora?»
Un fremito, tra le labbra dipinte di buio, poi un sussurro: «viola.»
Il servo si ritirò in silenzio dalle stanze di cristallo arabescato della regina di Saba, mentre l'eco di una tromba fluiva nei corridoi, carezzando la seta preziosa delle tende. Non trascorsero che pochi istanti quando il giannizzero nero si presentò all'ingresso in un inchino ad attendere comandi di morte.
«Ho sognato un colore che non esiste.» esordì pigra la magnifica dama distesa sui cuscini piatti del suo letto, le grazie coperte da una sottile veste di foglie d'oro, dono dell'amato Salomone, «lo custodiscono i delfini dalla pinna bianca nel cuore del loro principe. Lo desidero.»
Il soldato dimenticò il respiro per alcuni istanti, insieme ai polmoni anche il cuore si mise in attesa, tutto il corpo spento da una colata densa di terrore.
«Obbedisco.» assentì con il peso della condanna. E al tramonto, dalle porte della fortezza di Dungur, si riversò un brulichio di uomini d'arme diretti verso la costa, a dar guerra al mare.

Le clessidre si consumarono, come le ossa dei vinti, in una battaglia che per quindici anni non vide vincitori, solo orfani e cadaveri immolati al capriccio femminile.
Alla nascita del giorno un nuovo esercito salpava per il golfo dei delfini. La luna, compassionevole, guidava con la sua luce le onde affinché restituissero alla costa i corpi senza vita.
Fu il principe dei mammiferi argentati, infine, a porre termine all'insensato conflitto, mosso a compassione dallo spreco di anime. Si offrì solo e con la coda incatenata agli uomini della prima galera di vedetta per essere condotto al cospetto della sovrana nemica.
La regina di Saba lo ricevette con gli onori di un martire, tributandogli feste e cerimonie prima della condanna a morte, ma non gli concesse udienza sino al giorno del sacrificio.
Il principe delfino era una creatura maestosa, lunga come venti uomini in fila, con la pinna d'alabastro dritta a sfiorare il soffitto del tempio. I suoi occhi erano perle di giada fisse sulla femmina che desiderava il suo cuore.
«Avrai ciò che vuoi, ma non ciò che desideri.» pronunciò laconica la magnifica bestia, prima che il boia ne aprisse il petto, estraendone il cuore.
La sultana aprì con le dita voraci lo scrigno di carne e il sangue regale del delfino sgorgò copioso, con un brillio accecante. La donna ora possedeva il colore che non esiste, ma non poteva vederlo.

[Grazie a Michela]


Nessun commento:

Posta un commento